A confermarlo uno studio pubblicato dall’Università di Davis, in California
Se si considera una quantità equivalente di anidride carbonica (CO2) emessa per ogni chilogrammo prodotto, quella che la stessa OMS definisce carne “a base cellulare” ha un potenziale di riscaldamento globale da 4 a 25 volte superiore al medesimo parametro della carne bovina tradizionale. A confermarlo sono i risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner e i suoi colleghi dell'Università di Davis, in California, pubblicato nei giorni scorsi sul sito www.biorxiv.org come contributo alla chiarezza in un campo d'indagine recente in cui, anche secondo la Coldiretti, risultano ancora diverse zone d’ombra.
La ricerca
“I ricercatori dell’Università della California – spiega la Confederazione – hanno condotto una valutazione del ciclo produttivo della carne a base cellulare stimando l'energia utilizzata in ogni fase con gli attuali metodi di produzione. Un parametro grossomodo indipendente dal tipo di carne prodotta”.
L'attenzione degli studiosi si è focalizzata in prima istanza sulle sostanze nelle quali vengono fatte crescere in laboratorio le cellule staminali utilizzate per la creazione del cibo sintetico, che fin da subito hanno riscontrato avere un forte impatto sull'ambiente, soprattutto a causa dei processi di trattamento necessari per evitare la formazione di tossine o batteri. “Il risultato – precisa la Coldiretti – è dunque univoco: dal punto di vista ambientale la produzione in laboratorio di cibo a base cellulare è più impattante della zootecnia tradizionale”.
I dati
“Le preoccupazioni ambientali che arrivano dal mondo della ricerca – commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – fanno seguito ai rischi per la salute censiti nel primo Rapporto FAO-OMS sul “cibo a base cellulare”. Pubblicato lo scorso aprile, il Rapporto, all’interno delle sue 134 pagine, ha evidenziato la necessità di garantire la sicurezza alimentare attraverso l’identificazione dei pericoli potenziali nella catena di produzione degli alimenti, al fine di valutare ulteriormente i rischi loro associati prima della diffusione commerciale su larga scala”.
Il primo Rapporto FAO-OMS
I pericoli potenziali per la salute individuati all’interno del paper sono ben 53, spaziano dalle allergie ai tumori e interessano le quattro fasi della loro lavorazione:
- La selezione delle cellule.
- La produzione.
- La raccolta.
- La trasformazione.
Rischi che, secondo gli esperti consultati da FAO e OMS, “riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica – precisano ancora Boeri e Rivarossa – oltre alla necessità di prestare particolare attenzione ai componenti utilizzati nei bioreattori, come fattori della crescita e ormoni, e sulle modalità con cui queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere addirittura associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro”. Senza dimenticare che, sempre secondo il Rapporto FAO-OMS, gli ingredienti aggiunti per migliorare le caratteristiche dei cibi sintetici possono causare reazioni allergiche anche gravi.
Il commento della Liguria
“Dal mondo scientifico – concludono il Presidente ligure e il Delegato Confederale – cominciano ad arrivare conferme sulla necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte a una nuova tecnologia che ancora presenta molte incognite e rischia di cambiare sia la vita delle persone che l’ambiente che ci circonda. Proprio per questo, la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo, bensì a prodotti di carattere farmaceutico".