27 Marzo 2023
Cucina italiana candidata a patrimonio UNESCO, ma il Financial Times attacca parmigiano e carbonara

Coldiretti: “È surreale, così si incoraggiano il falso Made in Italy e l’agropirateria”

La cucina italiana si candida a patrimonio immateriale dell’umanità, ma non tardano ad arrivare attacchi assurdi e surreali ai suoi piatti simbolo. E proprio il Financial Times, in occasione dell’annuncio della sua candidatura a patrimonio UNESCO, cerca di banalizzare la tradizionale alimentare nazionale: dalla carbonara al panettone, dal tiramisù fino al Parmigiano Reggiano.

“Secondo il Financial Times e le sue fantasiose ricostruzioni, basate – sottolinea la Coldiretti – la carbonara l'avrebbero inventata gli americani, mentre il panettone e il tiramisù sarebbero prodotti commerciali recenti. Ma, soprattutto, la testata ipotizza addirittura che il Parmigiano Reggiano originale sia quello che viene prodotto in Wisconsin, negli States, la patria dei falsi formaggi Made in Italy. In questo modo si contestano le tradizioni culinarie nazionali più radicate attraverso delle vere e proprie fandonie, incoraggiando un falso Made in Italy che purtroppo, ancora oggi, vale oltre 120 miliardi”.

L’attacco insensato del Financial Times

Siamo davanti a un articolo ispirato da una vecchia pubblicazione di un autore italiano, che – se non nascondesse preoccupanti risvolti di carattere economico e occupazionale per il Belpaese – potrebbe quasi far sorridere.

“La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy – commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – offre terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani all’estero, dove le esportazioni nostrane potrebbero triplicare se fosse finalmente normato uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, causa di danni sia economici che di immagine per tutto il Paese”.

Un problema che sfocia nell’agropirateria

Si parla, in questo caso, di vera e propria agropirateria mondiale nei confronti dell’Italia e dei suoi prodotti di eccellenza, il cui fatturato arriva a toccare i 120 miliardi, con ben il 73% degli italiani in viaggio all’estero (quasi 3 su 4), per lavoro o in vacanza, che dichiara di essersi imbattuto almeno una volta in un piatto o una specialità Made in Italy taroccati. E neppure la Liguria resta immune da queste particolari “rivisitazioni” culinarie.

I prodotti più taroccati

Secondo le stime della Confederazione Nazionale Coldiretti, in cima alla classifica dei prodotti più taroccati ci sarebbero i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, seguiti a breve distanza dai salumi.

Ma tra le specialità più “tradite” del tricolore ci sono anche ricette che profumano di Liguria, prima tra tutte la nostra amata pasta al pesto, spesso proposta con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli e con il formaggio comune che sostituisce l’immancabile parmigiano reggiano e il pecorino romano. Per non parlare del basilico – specialmente il Basilico Genovese DOP – fiore all’occhiello della nostra regione, fin troppo spesso utilizzato sotto forma di semplice concentrato o il cui sapore finisce viziato addirittura da succo di limone, zenzero, pepe nero e spezie varie.

Il caso del pesto e del basilico liguri

Non a caso, secondo diversi esperti il pesto è uno degli alimenti più taroccati al mondo. Come dimostra, del resto, la bassissima qualità dei prodotti che si trovano, ad esempio, sugli scaffali dei supermercati al di fuori dei territori italiani. Questo accade sia perché diverse marche nostrane propongono all’estero un prodotto ben diverso da quello venduto sullo Stivale, sia a causa di aziende estere che spacciano per pesto una moltitudine di salse che, sulla carta, spesso non hanno in comune con l’originale neppure il caratteristico colore verde.

Tra le truffe più famose vi è un particolare pesto (o, meglio, una salsa al basilico) commercializzato in passato da un’azienda inglese, spacciato come pseudo-genovese e con ingredienti di origine italiana, ma in realtà risultato a base di basilico israeliano, olio di girasole e formaggio lettone.

La cucina italiana come patrimonio UNESCO

“La candidatura a patrimonio dell’umanità è un’opportunità per proteggere e rafforzare l’identità della cucina italiana – spiegano ancora Boeri e Rivarossa – che è la più apprezzata nel mondo. Senza contare il record storico realizzato dalle esportazioni agroalimentari Made in Italy, che, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat, hanno raggiunto il valore record di 60,7 miliardi. Un’iniziativa utile per valorizzare l’identità dell’agroalimentare nazionale e fare finalmente chiarezza sulle troppe mistificazioni che all’estero tolgono spazio di mercato ai prodotti originali”. Ricette “sbagliate” come quelle del nostro pesto aprono le porte al quella che viene identificata come agropirateria internazionale. E tra gli “orrori a tavola” non mancano neppure i vini, categoria di prodotti d’eccellenza anche della nostra splendida regione”.