31 Maggio 2019
CANNABIS A KM0: QUELLA COLTIVATA DALLE AZIENDE AGRICOLE LIGURI E’ GIA’ UN’ECCELLENZA

Non si parla di fumo, ma di una filiera che può rispondere alla domanda del mercato nazionale, dall’alimentare al tessile fino alla cosmesi, grazie alla qualità delle infiorescenze e dei prodotti che da esse possono derivare: anche le aziende agricole della Liguria stanno sperimentando le grandissime potenzialità di questa nuova coltura, coltivata nel pieno rispetto delle regole.
È quanto afferma Coldiretti Liguria nel commentare la decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione che rischia di frenare un settore in grande sviluppo in tutto il mondo e che ha visto in Italia nel giro di cinque anni aumentare di dieci volte i terreni ad essa dedicati, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018. La coltivazione della canapa sta prendendo sempre più piede anche in Liguria dal momento che, è una pianta che si adatta bene al nostro clima e non necessità di molto terreno per avere rese significative, e che quindi può rappresentare un punto di svolta per molte aziende del territorio.
La legge specifica che per coltivarla bisogna essere agricoltori con un fascicolo aperto nel portale SIAN e seminare esclusivamente sementi certificate o piantine derivanti da semi certificati di varietà autorizzate dall’Unione Europea. Queste varietà come previsto dalle norme nazionali devono rispettare il limite massimo dello 0,2% di  thc. Produzioni che non rispettano questo parametro o che provengono da sementi non autorizzate dall’Unione Europea sono da considerarsi non a norma.
“La Canapa Sativa – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa -  e il progetto di filiera italiana al 100 per cento, può rappresentare un grande passo avanti per l’economia agricola sia locale sia nazionale, e per quella modernizzazione che si richiede al comparto, riducendone notevolmente la dipendenza dall’estero. La cannabis coltivata in Liguria è un prodotto che punta sulla qualità delle infiorescenze, dalle quelli si producono principalmente estratti, oli aromatici, prodotti cosmetici, alimentari, che sfruttano tutte le caratteristiche positive contenute nei cannabinoidi, componenti nobili della pianta, che, al contrario del thc, possiedono proprietà che possono rispondere a diversi utilizzi. Nell’ultimo periodo sono state numerose le aziende che hanno iniziato a sperimentare questa coltivazione a scopi florovivaistici, con un contenuto di Thc, a norma di legge, inferiore al 0,2% ed è per questo, oltre che per  la consapevolezza delle opportunità offerte da questa coltura, che riteniamo necessario che su una questione così delicata intervenga il Parlamento”.