Prevista stangata da 9 miliardi dai campi alle tavole
La produzione agricola e quella alimentare in Italia assorbono oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all’anno. È quanto emerge dall’analisi della Confederazione Nazionale Coldiretti sulla base dei dati Enea relativi agli effetti dei rincari della bolletta energetica.
“L’esplosione del costo del gas – sottolinea la Coldiretti – ha un impatto devastante sulla filiera del cibo, dai campi alla tavola. Il tutto in un momento in cui, con la siccità e il maltempo che hanno devastato i raccolti, sono già state stimate perdite pari a 6 miliardi di euro: il 10% della produzione totale”.
Un mix micidiale, che costerà alle famiglie italiane quasi 9 miliardi di euro soltanto per la spesa alimentare, a causa dell’effetto dell’inflazione, che colpisce soprattutto le categorie più deboli. A guidare la classifica c’è la verdura, che quest’anno costerà complessivamente alle famiglie dello Stivale 1,97 miliardi in più e precede sul podio pane, pasta e riso, con un aggravio di 1,65 miliardi. Seguono, poi, carne e salumi, per i quali si stima una spesa superiore di 1,54 miliardi rispetto al 2021.
Aumento dei prezzi: cosa succede?
“Se i prezzi per le famiglie corrono – spiegano Gianluca Boeri, Presidente di Coldiretti Liguria, e Bruno Rivarossa, Delegato Confederale – l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare, a partire dalle campagne, dove il 13% delle aziende agricole (più di su 10) è in una situazione tanto critica da portare alla cessazione dell’attività e il 34% (oltre 1/3 del totale), secondo il Crea, a causa dei rincari si trova comunque costretto a lavorare in una condizione di reddito negativo”.
In agricoltura si registrano, infatti, aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi, seguiti da un +129% per il gasolio. Gli aumenti, però, riguardano l’intera filiera alimentare, con il prezzo del vetro che sale del 30% rispetto allo scorso anno, il tetrapack del 15%, le etichette del 35%, il cartone del 45%, i barattoli di banda stagnata del 60% e la plastica del 70% per la plastica.
Il sistema agricolo ligure e italiano
“Nel nostro sistema agricolo – continuano Boeri e Rivarossa – i consumi diretti di energia includono i combustibili per macchine, serre e trasporti, mentre i consumi indiretti sono quelli che derivano dall’utilizzo fitosanitari, fertilizzanti e impiego di materiali come la plastica (4,7 Mtep). Il comparto alimentare richiede, invece, ingenti quantità di energia, primi tra tutti calore ed elettricità, utilizzati nei processi di produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origine animale e vegetale, funzionamento delle macchine e climatizzazione degli ambienti produttivi e di lavoro (8,6 Mtep)”.
Proprio per questo, si tratta di una bolletta energetica pesante, nonostante nel tempo le nuove tecniche e l’impegno degli agricoltori per la maggiore sostenibilità delle produzioni. Sostenibilità testimoniata anche dall’adozione sempre più frequente di tecnologie 4.0 per l’ottimizzazione dei fattori produttivi, che nel tempo ha consentito un progressivo contenimento dei consumi energetici. Senza dimenticare che, a migliorare il bilancio energetico della filiera, ci sono gli investimenti nell’economia circolare con la produzione di bioenergie, dal fotovoltaico nelle fasce liguri e sui tetti di serre e capannoni rurali all’utilizzo di pale eoliche.
In questo scenario, dunque, occorre lavorare per dar vita ad accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi, che, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni, non scendano mai sotto i costi di produzione.