23 Novembre 2020
FALSI MADE IN ITALY NEL MONDO: CON COVID SALE OLTRE 100 MLD L’ ”ITALIAN SOUNDING”

Importante tutelare maggiormente produttori e consumatori per sostenere lo sviluppo e l’occupazione dei territori

Con l’emergenza Covid, e la frenata del commercio internazionale, aumenta il rischio di falsi Made in Italy sulle tavole straniere, che hanno raggiunto l’astronomica cifra di 100 miliardi di euro sottraendo risorse e opportunità di lavoro all’Italia. E' quanto emerge da un’analisi della Coldiretti, nel sottolineare l’importanza di continuare, anche nella Legge di Bilancio, l’azione di contrasto a questi prodotti che minano l’economia delle nostre imprese.  I prodotti italiani sono i più imitati a livello mondiale ed oggi più di due prodotti agroalimentari Made in Italy su tre venduti nel mondo sono falsi, non riportando alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Il fenomeno del cosiddetto “italian sounding” colpisce in misura diversa tutte le produzioni, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti.

“Difendere il cibo che produciamo, in Italia e sul mercato internazionale, – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa - è un modo per salvaguardare la nostra salute, ma anche l’intera filiera italiana, l’economia dei nostri territori e con essa l’occupazione. A far esplodere il falso nel mondo è stata paradossalmente la “fame” di Made In Italy: la  concorrenza sleale dei falsi Made in Italy, prodotti non sottoposti ai nostri stessi controlli di qualità, va fermata e bisogna sempre garantire che un prodotto acquistato come italiano provenga solo ed esclusivamente dal nostro Paese. Si stima che dalla lotta al falso Made in Italy a tavola nel mondo si possono creare ben 300mila posti di lavoro a livello italiano. Serve dunque un’efficace azione di contrasto, ma anche un maggiore impegno nei negoziati di libero scambio dell’Unione Europea per tutelare le nostre produzioni: la pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è inaccettabile, e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti dei nostri imprenditori, impegnati profondamente nella salvaguardia del territorio e nella valorizzazione delle grandi eccellenze locali”.